Simon Finn - Pass The Distance (1970)
“I could wait forever
Yes my love—forever
If I was not afraid
Bet your cold perfection
Causes my erection
To drift into the shade
So I’ll stand here waiting
By the murky river
‘till I can face you again”
Non è un caso che David Tibet nel 1995, dopo aver ascoltato un bootleg di questo capolavoro di Simon Finn abbia deciso di incontrarlo e di ristampare il disco nel 2004 per la sua etichetta Durtro Jnana Records dopo più di 30 anni dalla sua prima pubblicazione.
L'album ebbe la sfortuna di uscire con una copertina naif troppo simile alla réclame di una famosa marca di scarpe degli anni '50-'60. Questa strana somiglianza provocò delle dispute legali che portarono al ritiro prematuro del disco dagli scaffali dei negozi e di conseguenza cadde nel più assoluto oblio.
Qui dentro c'è il folk acido e psichedelico dei Comus, ma al posto dei cori ci sono slide guitars e flauti, e le percussioni sbilenche somigliano a dei suoni gutturali che accompagnano a tempi alterni il canto sempre cupo e straziante di Finn.
Jerusalem è un urlo disperato, un climax di angoscia e tormento interiore.
Gesù è un bravo ragazzo che vive di vino e fichi, fa il suo ingresso a Gerusalemme in sella ad un asino malandato e zoppo, e nessuno avrebbe mai potuto immaginare che duemila anni dopo duecento milioni di ipocriti si sarebbero arrogati il diritto di lodare il suo nome.
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